Il progetto CITYAdap3 prevede che il Comune di Reggio Emilia, unica città partner italiana, realizzi tra il 2021 e 2022 una prima azione pilota di forestazione urbana che contrasti l’effetto “isola di calore” con la messa a dimora di oltre 2.850 nuovi alberi in 4 parchi pubblici.

L’azione pilota mette in atto misure di adattamento per rispondere sia alla criticità climatica prevista di forte incremento di ondate di calore estivo che alla vulnerabilità del territorio urbano e periurbano rispetto a tale criticità. La azione pilota dovrà quindi contribuire a mitigare il microclima delle aree verdi oggetto di intervento e migliorare la fruibilità-vivibilità delle stesse da parte dei cittadini, ampliando le zone ombreggiate e ripristinando un alto grado di naturalità attraverso l’incremento della biodiversità.

Gli interventi di forestazione verranno realizzati in quattro aree verdi pubbliche differenti per contesto territoriale, paesaggistico e sociale e a diverso grado di vulnerabilità rispetto alle ondate di calore estive. L’obiettivo finale è quello di delineare uno schema di parco adattativo replicabile in altre zone, da proporre a livello europeo per migliorare la progettazione e gestione di parchi in termini di sostenibilità e adattamento ai cambiamenti climatici.L’azione pilota è in sinergia con la ‘Strategia di Adattamento ai Cambiamenti Climatici’ di Reggio Emilia, approvata a Novembre 2020, che pone la realizzazione del “network del verde” come obiettivo strategico attuabile, tra le varie misure indicate, con il Piano di Forestazione Urbana.TIL srl – la società che gestisce i servizi di mobilità pubblica e privata sul territorio di Reggio Emilia - si è impegnata già a sostenere, come co-finanziatore del progetto europeo, la realizzazione di questa prima azione pilota. Le aree prescelte per gli interventi di forestazione urbana sono:

Tali aree sono state scelte per il loro diverso grado di sensitività-vulnerabilità alle isole di calore urbano così come definite dagli studi effettuati nell’ambito del progetto Life Urbanproof, ma anche per la loro diversa collocazione in differenti ambiti territoriali e in quanto segnalate dai cittadini come aree poco fruibili per lo scarso ombreggiamento.

Il parco Biagi, è stato scelto per il posizionamento di sensori per monitorare e valutare gli effetti sul microclima degli interventi di forestazione sperimentali qui realizzati, in quanto il Parco Biagi è l’area-tipo su cui si testerà un nuovo modello di parco adattativo.

L'idea generale alla base dei progetti sviluppati per i quattro parchi “a misura di clima” si fonda sulla volontà di testare l'efficacia di quattro “dispositivi” paesaggistico-ambientali nel contrastare gli effetti del cambiamento climatico, sia in termini di mitigazione dei fenomeni derivati (come le isole di calore), che per quanto riguarda la salute e la resilienza dell'apparato vegetativo:

  • le micro-foreste
  • le siepi campestri
  • il prato polifita
  • i filari di alberi

Le definizione dei dispositivi prende a riferimento alcune metodologie studiate da tempo in ambito scientifico e validate da una serie di esperienze concrete che, in Europa e nel mondo, sono state realizzate o sono in corso di attuazione, in diversi contesti climatici e ambientali. La componente di innovazione ad essi legata riguarda principalmente la sperimentazione di associazioni vegetali alternative per testare e monitorare la loro resilienza ai cambiamenti climatici e la capacità di contrastare le isole di calore attraverso l'ombreggiamento e l'azione di rigenerazione dei suoli.Il progetto non si limita alla selezione di specie potenzialmente più resistenti o adatte a fornire ombreggiamento ed aumentare l'evapotraspirazione dei suoli, ma lavora su procedure di impianto e associazioni vegetali in grado di stabilire un equilibrio resiliente alle future condizioni ambientali. La messa a dimora di nuove alberature, e, in particolare, la realizzazione di micro-foreste, di nuovi filari e di siepi campestri, porteranno benefici anche in termini di qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo attraverso l’evapotraspirazione e l’ombreggiatura abbassando la temperatura dell’aria. Si utilizzeranno specie adattabili all’ambiente urbano, dove si registra un maggiore innalzamento delle temperature e periodi sempre più lunghi di siccità. Gli alberi e gli arbusti saranno prevalentemente di specie autoctona, ma si sperimenteranno anche impianti di associazioni vegetali potenzialmente in grado di stabilire un equilibrio resiliente alle future condizioni ambientali e antropiche.Il progetto del Parco Marco Biagi è stato sviluppato con particolare attenzione, in quanto dovrà costituire l’esperienza di base su cui successivamente costruire lo schema tipo di parco adattativo replicabile. In questo parco è stato progettato anche l’inserimento di un’area umida, ovvero uno specchio d’acqua che favorisce la biodiversità e i cui effetti sul contrasto alle isole di calore saranno per la prima volta monitorati in un contesto urbano.Vista la ricchezza dell’intervento, il parco Biagi è stato scelto anche per il posizionamento di sensori di misura previsti dal progetto Life CityAdap3 per un monitoraggio degli impatti sul microclima a seguito degli interventi.

  • 17 novembre 2023 - inaugurazione Parchi a misura di clima
    Nell’ambito della tre giornate dedicate alla giornata nazione degli alberi è stato presentato al pubblico il parco Biagi come esempio di parco a misura di clima .  All’evento erano presenti il Sindaco e l’Assessora Bonvicini e i vari professionisti che hanno curato la realizzazione dei parchi che hanno illustrato a numerosi cittadini presenti quanto realizzato nell’ambito del LIFE. Durante la mattinata sono state distribuite anche gratuitamente ai cittadini delle piante nell’ambito della campagna regionale “ Mettiamo radici per il futuro “ . Erano presenti circa 50-60 persone
  • Ottobre 2023 - conclusione lavori area semi-umida
    Conclusi tutti i lavori inerenti la realizzazione dell'are semi umida sperimentale comprensivi dei collegamenti idraulici, posa telo impermeabile, posa pompa e riempimento invaso da canale bonifica, posa recinzioni naturalistiche ( ganivelles) e cartellonistica , messa a di tutte le piante e le essenze  
  • Giugno 2023 - revisione del documento Parchi a Misura di clima .
    Il carattere sperimentale del progetto implica di per sé che lo stesso sia flessibile e - mantenendo ferme le modalità, il concept e gli obiettivi – possa modificare e migliorare alcuni elementi recependo i risultati di revisioni e approfondimenti tecnico-scientifici. La seconda versione del documento aggiorna ed integra la prima versione datata ‘settembre 2021’, apportando alcune modifiche ed integrazioni nate da varie esigenze e riflessioni emerse in corso d’opera.
  • Luglio 2022 - Iniziati i lavori per la realizzazione sperimentale di un’Area umida nel parco Marco Biagi, nel quartiere di Santa Croce.
  • Dicembre  2021 – avvio lavori 
    A partire dal mese di dicembre 2021 sono iniziati i lavori di realizzazione dei parchi 4  Misura di Clima  con le preparazioni del terreno . Da gennaio sono stati avviati anche i lavori di piantumazioni previsti . La realizzazione di tutte le opere  si concluderà entro agosto 2022.
  • Novembre 2021 – Conclusione della procedura di assegnazione dei lavori
    Nel mese di novembre sono stati affidati i lavori per la realizzazione dell’azione pilota Parchi a misura di clima, il cui inizio è previsto entro dicembre.
  • Nel mese di agosto 2021 è stata avviata la procedura per l’assegnazione dei lavori prevista nel mese di settembre. L’avvio dei lavori è programmato per ottobre-novembre 2021.
  • Nel mese di luglio 2021 è stato completato il progetto definitivo ed esecutivo dei 4 parchi (vedi il progetto definitivo nel box allegati).
  • All’inizio del 2021 è stato redatto il progetto di massima dei 4 “parchi adattativi.

Il primo e principale “dispositivo” paesaggistico-ambientale proposto nell’ambito del progetto Parchi a misura di clima – azione pilota del progetto europeo LIFE CityAdaP3 - parte dall'assunzione del cosiddetto “metodo Miyawaki” (dal nome del botanico giapponese, suo creatore) declinato secondo 3 tipologie che si differenziano per la combinazione di specie vegetali:

  • la micro-foresta “nativa”, composta solo da sole specie autoctone caratteristiche dei boschi planiziali dell'area geografica reggiana;
  • la micro-foresta “adattativa”, con l'inserimento di nuove specie alloctone ritenute adeguate alle future condizioni climatiche;
  • la micro-foresta “edibile”, in cui è prevista una forte componente di piante da frutto ad integrazione del sistema vegetativo forestale.

Il tratto comune di queste tipologie richiama i concetti fondamentali del modello di riferimento che possono essere sintetizzati: nell'altissima densità di impianto (almeno 3 piantine giovani al mq) su parcelle non più grandi di 200 mq, nell'estrema differenziazione delle specie (almeno 30) e dei livelli vegetali che comporranno la foresta (4), nonché nella quasi totale assenza programmata di manutenzione (potatura, diserbo, impianti di irrigazione, etc).
Tale metodo ha già dimostrato la sua efficacia in diversi contesti (anche tendenzialmente aridi come la Sardegna) dove si è riscontrato un tasso di crescita delle giovani piante dieci volte più intenso rispetto alle consuete tecniche di forestazione desunte dai modelli mono-colturali.
Nell'arco di 2 anni la micro-foresta si stabilizza in una struttura pressoché impenetrabile capace di auto-sostentare la propria evoluzione e difendersi da agenti patogeni esterni senza nessun intervento antropico.
I vantaggi collegati a questa pratica, soprattutto in ambito urbano e in vista dell'ottimizzazione della gestione del verde pubblico, sono dunque potenzialmente notevoli sia in termini economici (impianto di piante giovani e poco care; abbattimento dei costi di gestione) che in relazione alle aspettative di “pronto effetto” che spesso si ricercano in questo tipo di interventi.

Accanto a queste considerazioni sono da sottolineare gli effetti estremamente positivi, ampiamente documentati in letteratura, sugli indicatori ambientali ed ecologici connessi alla biodiversità e alla salute dei suoli sottesi da questo tipo di intervento.
Alcune sperimentazioni, tra cui quella eseguita dalla prestigiosa Università di Wageningen a Zaanstadt in Olanda, hanno già verificato tali impatti sull'intorno urbano mettendo a confronto diversi tipi di micro-foresta con diverse combinazione di specie.

(Alcune delle foto utilizzate nell’immagine sono tratte dalle seguenti fonti: www.afforestt.com, www.boomforest.org, www.urban-forest.com, www.forestcreators.com)

Con questo dispositivo paesaggistico-ambientale, adottato nell’ambito del progetto Parchi a misura di clima, si cerca di recuperare e aggiornare la funzione della siepe campestre: uno degli elementi caratteristici del paesaggio agricolo-rurale della pianura prima della meccanizzazione. Da qualche anno assistiamo a un’inversione di tendenza dovuta in parte ai risultati di molti studi e ricerche che hanno dimostrato l’utilità della presenza delle siepi sotto il profilo ecologico e ambientale. Esse si dimostrano infatti fondamentali per la capacità intrinseca di aumentare e conservare la biodiversità e si trovano così a rappresentare una sorta di indispensabile “corridoio ecologico” all’interno di ambienti fortemente antropizzati e resi quindi sempre maggiormente inospitali per i naturali frequentatori dell’ecosistema.

Le siepi campestri vengono concepite qui come una struttura vegetale “plurispecifica”, ovvero composta da un vasto numero di specie, generalmente a forte prevalenza arbustiva, ma con la contemporanea presenza di elementi arborei ed erbacei. Al fine di riproporre la naturale composizione di un elemento paesaggistico di questo tipo, la siepe non viene proposta con una configurazione “formale” precisa e la sua composizione viene concepita su più file fra loro parallele, con una larghezza complessiva dell’elemento che può variare dai 2 ai 5 metri. Anche i sesti di impianto, ovvero le distanze previste fra i singoli elementi che compongono la siepe, vengono volutamente mantenuti irregolari, sempre allo scopo di favorire il libero sviluppo delle diverse essenze poste a dimora e accrescere la spontaneità delle realizzazione.
Lo sviluppo verticale complessivo delle siepi è concepito con un andamento pluri-stratificato, ovvero con la presenza di chiome che si compenetrano fra loro restituendo un effetto paesaggistico di spiccato “movimento”, avvalendosi della differente altezza delle piante presenti, legata alla compresenza di specie specificamente arbustive, ma aventi uno sviluppo differente in termini di altezza, di specie arboree intervallate alle precedenti e, finanche, di specie erbacee. La scelta delle essenze viene fatta privilegiando le specie autoctone del territorio.

Le siepi possono inoltre esercitare una consistente influenza sul microclima, mitigando l’effetto delle alte temperature. La particolare conformazione delle loro chiome e le caratteristiche morfo-strutturali delle diverse specie che le compongono hanno infatti un effetto diretto sull’ombreggiamento prodotto e indiretto in relazione alla possibilità di regimare il flusso del vento (attività frangivento), diminuendone la velocità e limitando l’evapotraspirazione. Nel contempo viene ridotta la possibile movimentazione delle particelle inquinanti eventualmente presenti nell’atmosfera, mitigandone gli effetti negativi.

Le siepi rappresentano un fondamentale serbatoio di biodiversità all’interno di ambienti sempre più modificati nelle loro caratteristiche naturali dalla presenza dell’uomo. La loro presenza rappresenta una oasi di rifugio e sopravvivenza per molte specie che non trovano più luoghi adatti per la loro riproduzione e sopravvivenza. Anche la fauna selvatica può trarre benefici dalla presenza di siepi, sia a seguito della loro funzione di rifugio in ottica anti-predatoria che in relazione alla possibile fonte di cibo rappresentata dalla varietà di specie che la compongono. Medesima funzione può essere estesa ad altri vertebrati e invertebrati.
La complessità della siepe, con presenza di strati arborei, arbustivi ed erbacei consente all’elemento paesaggistico di dar ospitalità a nicchie ecologiche differenti.

Questo ulteriore dispositivo paesaggistico-ambientale, previsto dal progetto Parchi a misura di clima, richiama un importante elemento dell’economia e del paesaggio agricolo della pianura emiliana occidentale, storicamente legato all’alimentazione delle bovine da latte prevalentemente riservate alla filiera del Parmigiano Reggiano.
Nelle zone rurali, la sua progressiva sostituzione con prati mono-specifici, costituiti soprattutto da erba medica, come dimostrato da numerosi studi, ha un forte impatto sul mantenimento del carbonio nel suolo, sulla biodiversità e ha, inoltre, progressivamente determinato un cambiamento dell'aspetto del paesaggio.
Il prato polifita è sostanzialmente una consociazione di più colture foraggere che vengono coltivate sullo stesso terreno. La complessità della sua composizione viene stabilita dal numero di essenze che compongono il popolamento.

L’obiettivo del progetto è quello di rappresentare la varietà delle specie potenzialmente presenti nei nostri areali e riunirle all’interno di un medesimo contesto, all’interno del quale si svilupperà una situazione di competizione naturale in grado di modulare la crescita delle rispettive specie.
Nell'ambito di questo progetto, che opera in grande parte in aree al confine tra urbano e campagna, l'introduzione del prato polifita assume dunque, oltre che una valenza ambientale ed ecologica, anche un duplice significato culturale: di sensibilizzazione rispetto a pratiche colturali virtuose, da favorire in ambito agricolo, ed educativo nei confronti dei cittadini, abituati a concepire il prato come uno sfondo monotono, indifferenziato, invece che come un ecosistema fondamentale alla salute del suolo e per la biodiversità.

Il quarto dispositivo paesaggistico-ambientale adottato nel progetto Parchi a misura di clima è quello dei filari alberati. I filari arborei erano concepiti, in passato, spesso in attinenza ai principali assi viari, in quanto svolgevano un ruolo fondamentale per disegnarne i contorni e per guidare i viaggiatori nel corso del loro cammino, ma anche per ombreggiare il loro passaggio, per consolidare il terreno e, non ultimo, per fornire legna al termine della loro vita biologica.
Il significato ecologico di questa formazione all'interno di un contesto urbano è oggi principalmente da intendersi come delineazione e mitigazione del panorama, in termini di accrescimento del pregio paesaggistico e di creazione di elementi estetici di rilievo, oltre che, naturalmente, come fondamentale elemento per consentire la schermatura dalle radiazioni solari.
La presenza di alberature di alto fusto è infatti in grado di migliorare sensibilmente il microclima dell’area interessata consentendo un abbassamento di temperatura, nella stagione estiva, di alcuni gradi. In termini di adattamento ai cambiamenti climatici, quindi, tali alberature assumono un ruolo fondamentale per consentire la corretta compensazione alle mutate condizioni climatiche e quindi porre potenziale rimedio, ad esempio, alla possibile comparsa di “isole di calore” o alla gestione delle acque di prima pioggia.
Le funzioni dei filari arborei sono però analogamente importanti in termini di beneficio nei confronti dell’inquinamento atmosferico. Gli alberi, infatti, sono in grado di migliorare la qualità dell’aria in virtù della loro capacità di ossigenazione e di assorbimento di grandi quantità di anidride carbonica emessa dalle attività antropiche. La vegetazione svolge un ruolo fondamentale nell'intercettare il particolato presente nell’aria che viene intrappolato dalle foglie, attraverso i peli e le cere superficiali presenti nelle strutture.
Le formazioni vegetali, soprattutto grazie alle loro chiome, svolgono un ruolo importante come barriera rispetto alle principali fonti di inquinamento acustico prodotto dalle attività urbane, riducendo i rumori.

Sempre in relazione alle caratteristiche delle chiome degli alberi è possibile rilevare una regolazione dell’attività dei venti, con una riduzione significativa della loro energia cinetica. Questa riduzione nella velocità del vento consente di ridurre l’evapotraspirazione delle piante e quindi le perdite di acqua da parte delle stesse e, inoltre, consente di ridurre il movimento delle particelle inquinanti nell’atmosfera.
All’interno dei singoli elementi che compongono un filare possiamo poi scorgere un complesso ecosistema che vive e si sviluppa in armonia fra i diversi elementi. Gli alberi forniscono infatti riparo e rifugio a una vasta gamma di esseri viventi di specie differenti che dimorano fra le loro fronde, sulle loro strutture legnose o nell’intorno dei loro apparati radicali e ai quali consentono di vivere e svilupparsi, sotto la loro protezione.
La presenza di un ecosistema completo nelle sue componenti contribuisce al giusto equilibrio dell'ambiente, anche urbano e permette perciò anche di mitigare l'impatto dovuto a nuove o vecchie strutture antropiche presenti nel territorio.
La formazione a filare è utilizzata, nelle aree di intervento del progetto Parchi a misura di clima nell’ambito di LIFE CityAdap3, principalmente con la finalità di assicurare un migliore ombreggiamento delle zone più scoperte, esposte a maggiori quantità di radiazioni solari dirette. Le zone più interessanti sono quelle prevalentemente localizzate nei punti in cui si concentrano le attrezzature pubbliche legate allo svago (aree giochi e simili) e i percorsi ciclo-pedonali, soggette a una frequentazione più intensa.
Il loro andamento, più o meno rettilineo, è definito in base alla necessità di identificare chiaramente spazi formalmente percepibili, pur garantendo una permeabilità visiva rispetto agli altri elementi del contesto. La regolarità nel sesto di impianto delle alberature, variabile a seconda delle specie individuate, consente di attribuire una “misura”, un sorta di ritmo ordinatore, al paesaggio delle aree in esame.

Il raggiungimento degli obiettivi progettuali, e quindi il soddisfacimento delle funzioni citate, sono perseguiti in maniera tale da assicurare una maggiore velocità di sviluppo nel medio periodo, compatibilmente con le caratteristiche del progetto. Viene scelto di utilizzare alberi delle dimensioni di 12-14 cm di circonferenza, quindi più maturi rispetto a quanto scelto per differenti dispositivi paesaggistico-ambientali dello stesso progetto.

Nel Parco Biagi è stata creata un’area semi-umida per sperimentare in ambito urbano l'introduzione e la valorizzazione di un habitat tipico delle rive dei canali di pianura per sfruttare l'azione termo-regolatrice dell'acqua, contrastando le isole di calore, e arricchire le varietà della flora e della fauna presenti.

La creazione di questa area semi-umida è stata resa possibile dalla presenza sul confine nord di un canale irriguo di competenza del Consorzio della Bonifica dell’Emilia Centrale che ha fornito l’opportunità per l’estensione e l’arricchimento dell’intervento previsto sul Parco Biagi in termini adattativi con la predisposizione di un ulteriore dispositivo paesaggistico- ambientale sperimentale

Il piccolo bacino quindi non attinge acqua dalla falda ma è collegato idraulicamente al vicino canale irriguo di cui costituisce una sorta di estensione naturalistica.

Proprio per questo il livello dell’area semi umida sarà soggetto a variazioni cicliche nel corso dell’anno che ne muteranno l’aspetto influendo sulla composizione vegetale delle sue sponde

All’interno della zona umida verranno posti a dimora esemplari arborei appartenenti a specie tipicamente presenti in contesti dalle simili peculiarità e, quindi, con una maggiore possibilità di sviluppo futuro.

Un prato stabile sarà realizzato a perimetrazione della zona.

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